Questo è un dialogo tra due mani. È una storia sulle parole scritte, sulle parole usate, riprodotte e talvolta maltrattate. Sono affascinata da questo tipo di storie, in cui le parti umane sono le protagoniste e, quindi, si crea un’atmosfera surreale. L’originale è stato scritto in greco.
Tocca con la mano inattiva delicatamente la metà della pagina, che è di fronte a te: questa è la mano che osserva o la mano – osservatore, quello che osserva l’altro che scrive. Ha quasi flirtato con l’altro, ammirandola tremendamente per la sua capacità di riempire gli spazi vuoti con parole e idee. La motiva spesso anche a continuare la sua lunga danza sulle pagine bianche, per riempirle di vita. Di tanto in tanto la mano del ballerino fa qualche pausa per riposare; a volte non ricorda nemmeno da quanto tempo balla nello spazio vuoto, riempiendolo con lunghe code di lettere nere ben formate. Questo è il momento in cui c’è la possibilità di scambiare alcuni sguardi con la mano che osservi. Un dialogo inizia tra loro:
Mano – scrittore: Spesso ballo in pagine bianche, pagine bianche senza vita, pagine completamente morte. E poi perdo facilmente il coraggio. Non so se posso continuare. Molte volte le parole che sto per lanciare in provocatorie pagine vuote, lamentano, quasi urlano. Penso che si stiano lamentando della paura che stanno avendo. E poi non so come procedere. Da un lato, le parole hanno tutti i motivi per evitare le pagine morte, ma dall’altro potrebbero comprendere meglio il loro scopo e superare la loro paura.
Mano – osservatore: Penso che entrambi sappiamo qual è il suo scopo.
Mano – scrittore: Sì, noi lo sappiamo. Sono le parole che non conoscono. Ma non li biasimo per non averlo saputo. Sai… le parole hanno sofferto molto.
Mano – osservatore: Falli apparire sulla carta. Devi convincerli a fare la loro apparizione. Questo è il tuo scopo. Se le parole hanno paura, cosa rimane? Pezzi di carta vuoti. La sua costante rivelazione in perfetta sincronizzazione; Questo è il tuo scopo Se sapessero com’è… il vuoto, non vorrebbero mai rimanere per sempre nell’oscurità e nell’esitazione.
Mano – scrittore: È solo che hanno bisogno solo la propria sicurezza…
Mano – osservatore: Solo tu stai dicendo! Che risata. Sai come me che la sicurezza è un mito. Non esiste una cosa del genere, una situazione del genere. Tutto è possibile in ogni momento. Chiunque pensi di essere o non è mai stato al sicuro, in ogni senso, probabilmente nutre le illusioni. Chi altro può vivere guardando come la sua ombra lo segue? Meglio non lo è mai stato, se calpesta per sempre la sua ombra.
Mano – scrittore: Ma poi sai che l’altro è: alcuni di loro conoscono molto bene il loro valore e non si presentano così facilmente.
Mano – osservatore: Mi dispiace, ma non ho un’idea abbastanza buona per l’egoismo marcio, che si è trasformato in una folle egomania.
Mano – scrittore: Hanno molte ragioni…
Mano – osservatore: Lo so. Sono stati saccheggiati e maltrattati peggio dei corpi – sono diventati ponti per tremende disposizioni negligenti e hanno portato a strade buie e sporche – spesso senza ritorno. Le parole sì; li rispettiamo meno di ogni altra cosa. Non prendiamo sul serio i loro significati, ridiamo di loro e li deminorizziamo. Sì, pensiamo di poter alienare e distruggere i loro significati. Pensiamo di poter creare intere raccolte di alterazioni verbali ogni volta che lo desideriamo. Noi che abbiamo fatto le parole, noi che abbiamo fatto la lingua.